Resort Mirage

Text by Ilaria Gianni

miraggio ‹miràggio›

s.m.(pl. -gi )

1 Fenomeno ottico atmosferico che si verifica, in particolari condizioni, su ampie superfici piane (distese di sabbia, strade asfaltate, ecc.), per cui è visibile l’immagine di oggetti lontani (alberi, monti, ecc.) apparentemente riflessi in una superficie liquida posta ai loro piedi (m. inferiore), oppure che sembrano galleggiare nel cielo (m. superiore, che si verifica soprattutto in mare); si deve alla rifrazione dei raggi luminosi che attraversano strati di aria contigui aventi diversa temperatura e quindi differente indice di rifrazione.

2 fig. Prospettiva tanto allettante quanto ingannevole: essere attratto dal m. di facili guadagni; anche, illusione, sogno irraggiungibile, utopistico: la felicità su questa terra è solo un m.

ETIMOLOGIA Dal fr. mirage, der. di mirer ‘mirare’

DATA 1877.

L’Hotel Miraggio è a Roma, ma anche a Fregene, a Rimini e a Cortina, a Ravenna e santa Teresa di Gallura, a Milano e a Messina. Potrei continuare in quanto ogni città d’arte, località balneare e sciistica possiede il suo “Miraggio”, senza neppure menzionare i “Mirage” che ci sono in giro per il mondo. Non basterebbero quattro facciate fronte/retro di un poster a contenerli tutti: palazzetti anni cinquanta, castelli kitsch, chalet raffinati, bungalow sulla spiaggia, cubi di cemento, grattacieli di vetro. Il più noto forse è a Las Vegas, essa stessa miraggio nel deserto del Nevada, città illusione per eccellenza, costruita seguendo criteri di seduzione commerciale e d’immaginario infantile, luogo virtuale e ingannevole, immenso palcoscenico ove la finzione sembra realtà nel momento in cui è vissuta.

Mi sono sempre domandata perché tanti alberghi abbiano adottato il nome “Miraggio”. Forse perché metaforicamente intesi come oasi, spazi liminari temporanei che permettono, come Las Vegas, a chi li abita di evadere il quotidiano e a volte di ristorarsi. Porre l’essere umano per un momento in uno stato di illusione, metterlo nella condizione di sognare concretamene – un ossimoro bellissimo e nella vita a volte necessario – potrebbe essere, quando autentico, inteso come un atto di generosità. Si immagina l’inesistente che si vorrebbe raggiungere, si costruiscono dei riflessi diversi da quelli solitamente percepiti. Sarà terapeutico? Ignorando la sua base scientifica, sicuramente il miraggio è sempre stato parte fondamentale della tradizione popolare, mitologica e simbolica della specie umana. Storie di miraggi sono rintracciabili nei secoli, causa e conseguenza di battaglie, vittorie, dispersioni e vendette. Abbagliati dalle visione sono finite le penne di poeti e artisti. L’incantesimo della Fata Morgana – il più potente dei miraggi – ha colpito André Breton. Il suo poema Fata Morgana narra un paesaggio fantasioso su cui lo “sguardo errante” si perde, costituito da tubi colorati, mobili colmi di sabbia posti in fondo a mare, porte senza nome, alberghi di piante verdi, caffè e zucchero. Il sole riappare solo alla fine della poesia: il poeta ritorna in superfice e recupera i sensi perduti. Ma con la Fata Morgana, miraggio e figura fantastica dalle diverse identità – sorella di Artù nel ciclo arturiano, strega nella mitologia celtica, creatura sovrannaturale abitante del Monte Etna – andiamo forse a toccare un’altra sfera, apparentemente vicina al miraggio eppure appartenente storicamente ed accademicamente ad un’altra dimensione: quella della visione.

visione ‹visióne›

s.f.

1 Percezione degli stimoli luminosi: v. vicina, lontana, chiara, distinta, diretta, indiretta

part. Osservazione accurata fatta allo scopo di ricavare utili informazioni: ricevere un campione, un esemplare in v.; nel linguaggio burocratico:prendere, dar v. di un atto

A proposito di spettacoli cinematografici, proiezione, presentazione al pubblico: film in prima, in seconda v., che viene presentato al pubblico per la prima, per la seconda volta; cinema di prima v., nel quale si proiettano solo film in prima visione.

2 estens. Idea, concetto, quadro: avere una v. piuttosto limitata di un problema, della realtà.

3 Apparizione miracolosa (le v. di Giacobbe, di Ezechiele) o frutto di allucinazione mentale; com. , con tono ironico o spregiativo, a proposito di fantasticherie o idee utopistiche (codeste sono solo v.!)

arc. Apparizione veritiera, contrapposta a sogno: disse quello che taluno veduto avea dormendo non essere stato sogno ma visione (Boccaccio)

estens. Spettacolo di incomparabile bellezza o particolarmente impressionante: la v. indimenticabile del golfo di Napoli; una v. raccapricciante

Opera letteraria che consiste essenzialmente nel racconto di una apparizione; nel Medioevo era un genere letterario e devozionale molto diffuso, di ispirazione biblica, consistente in descrizioni dell’Oltretomba.

ETIMOLOGIA Dal lat. visio -onis, der. di visus, p. pass. di vidēre ‘vedere’

DATA sec. XIV.

L’atto del vedere: il più naturale esistente per chi ha la fortuna di avere una percezione ottico-visiva funzionante. Con il termine visione si indica in fisiologia l’esperire l’ambiente circostante attraverso la vista. In ambito scientifico questa sarebbe l’unica accezione del termine; tuttavia, esso è utilizzato in tutte le culture con un significato ben diverso e più suggestivo, spesso associato al termine allucinazione, o alterazione mentale, ossia il vedere un’immagine straordinaria che appare dinnanzi a un individuo e, per la percezione della quale, non occorre necessariamente l’utilizzo degli organi di senso. Nella nostra società spesso questa forma è interpretata con sospetto. Coloro che “hanno le visoni” sono persone relegate ai margini: trattate con diffidenza e timore sono da sempre considerate creature diverse. Come per il miraggio, anche in questo caso mi chiedo se questo valore negativo renda giustizia alla complessità del fenomeno. Il visionario per eccellenza è probabilmente la Pizia dell’oracolo di Delfi che emetteva i suoi vaticini in uno stato di trance. La figura di veggente è rimasta nei secoli, presenza respinta e desiderata, necessaria come contraltare alla dimensione razionale in cui l’essere umano si trova costretto. Ma l’alterazione della percezione non potrebbe essere anche sinonimo di rivelazione improvvisa, di illuminazione? E poi è necessariamente sempre associata all’organo dell’occhio? E le visioni uditive? La sinestesia non è forse reale? In fondo i nostri sensi, pur essendo autonomi, non agiscono in maniera del tutto distaccata gli uni dagli altri. Un visionario non è necessariamente sotto lo scacco di un’allucinazione, è colui che guarda al di là, con la capacità di immaginare e costruire: una costruzione della mente che non ha realtà oggettiva e forse proprio per questo possibilmente sagace. Che siano indotte da sostanze allucinogene, nati come conseguenze di psicopatologie, suggestioni esterne, o semplici desideri, le visioni sono fenomeni fisiologici e psicologici esistenti e ricercati. Sogno, fantasia, illusione, processo di pensiero alternativo, deviazione verso un modo personale e utopico di vedere il mondo. La visione andrebbe pensata più come interpretazione, come l’atto di risalire ad un significato personale partendo da ciò che appare come segno.

Resort Mirage at Operativa Gallery

Poster Edition